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Le nuove regole per potenziare i sistemi al servizio delle politiche di sicurezza, la risoluzione sui minori migranti, il rilancio del fondo per gli investimenti strategici, l’ampliamento degli accessi a Internet gratuiti, la riforma sulle emissioni clima-alteranti, le prese di posizione per una strategia UE anticoruzione e per la difesa dei reporter d’inchiesta: intervista a Caterina Chinnici per ripercorrere l’ultimo anno di attività svolta nel Parlamento Europeo

Nuovi pilastri normativi messi su per irrobustire e ammodernare i sistemi al servizio delle politiche di sicurezza nell’Unione Europea. Linee guida per difendere la libertà dei media e contrastare il fenomeno delle fake-news. Azioni a tutela delle persone più vulnerabili, i minori, migranti e non. Una “strigliata” ufficiale all’esecutivo comunitario per invocare una strategia europea anti-corruzione. Ancora, il rilancio della scommessa sugli investimenti strategici, la riforma delle regole sull’abbattimento delle emissioni clima-alteranti, l’ampliamento degli accessi a Internet pubblici e gratuiti, le regole contro i blocchi discriminatori nell’e-commerce. E poi, l’ingresso della storia di Rocco Chinnici nella casa dell’assemblea legislativa a Bruxelles con la proiezione del film-tv sul padre del pool antimafia, che è stato un successo di ascolti e consensi su Rai 1.

Onorevole Chinnici, questo sunto in stile time-lapse del suo quarto anno di legislatura al Parlamento Europeo ci racconta di momenti lavorativi ricchi di significato, di obiettivi raggiunti e anche di emozioni particolarmente intense. Ma all’apertura del quinto anno, l’ultimo prima delle nuove elezioni, è sempre lì a tenere banco la questione ancora irrisolta della gestione dei flussi migratori, adesso anche, e forse soprattutto, per effetto dell’indirizzo politico espresso dal nuovo governo italiano, in totale discontinuità rispetto a quello dell’esecutivo precedente: l’attracco vietato o differito per alcune navi che trasportavano migranti salvati in mare, il caso dei migranti (tra loro anche minori) trattenuti per giorni sulla nave Diciotti nel porto di Catania, il ministro dell’Interno indagato per questo motivo dalla procura di Agrigento, l’inevitabile scia di polemiche, e tutto questo inquadrato nella sfida tutta “muscolare” lanciata ora da Palazzo Chigi all’UE sul tema dell’accoglienza. Esiste il rischio che possano essere vanificati i progressi compiuti finora a livello europeo e che si incrini quel fronte ampio della solidarietà e della condivisione di responsabilità che si è consolidato, tra tante difficoltà, anche grazie all’opera di sensibilizzazione svolta dall’Italia e dallo stesso parlamento di Bruxelles durante questa euro-legislatura?

“Mi auguro proprio di no, anche se lo scenario nazionale è mutato e il governo italiano ora in carica ha espresso un diverso orientamento, che tuttavia si è finora manifestato quasi esclusivamente attraverso azioni provocatorie. E si è anzi avuta l’impressione che sull’argomento non ci sia neppure una linea univoca. Comunque ad oggi è intatto il quadro degli strumenti normativi e operativi introdotti durante questa legislatura per una gestione comune del fenomeno migratorio in ambito UE, strumenti certo non esaustivi né sufficienti ma che sono tasselli importanti di un percorso di condivisione costruito faticosamente in ossequio ai valori fondanti dell’Unione anche grazie alla voce autorevole del Parlamento Europeo. Ma al di là di quanto già fatto e di quanto altro occorrerebbe fare per un’efficace governance europea del fenomeno migratorio, al di là anche delle diverse visioni, mai e per nessun motivo può essere messo in discussione il rispetto dei diritti fondamentali della persona sanciti dalla Cedu e dagli altri capisaldi del diritto internazionale. È quindi inaccettabile che si sia arrivati a forzare la mano fino al punto di non fornire tempestivamente, come nel caso della nave Diciotti, l’assistenza e le cure a gruppi di minorenni e a donne traumatizzate per gli abusi subiti prima di intraprendere la rotta migratoria. Un episodio che stride con il senso di umanità e accoglienza sempre dimostrato dal popolo italiano e con il buon esempio che il nostro paese ha dato anche nel campo della legislazione, e penso fra l’altro all’importantissima legge nazionale per la tutela dei minori stranieri non accompagnati approvata nel marzo 2017, una fonte di ispirazione anche in Europa”.

La tutela dei minori è tra i temi al centro del suo lavoro nell’europarlamento. Cosa ha portato in dote per loro questo penultimo scorcio di legislatura?

“Tra gli atti rilevanti approvati dalla plenaria metto innanzitutto la risoluzione, votata a maggio a larga maggioranza su proposta dell’intergruppo che co-presiedo, con la quale l’assemblea legislativa ha chiamato gli stati membri a una decisa assunzione di responsabilità per la protezione dei bambini migranti, primi fra tutti quelli non accompagnati, i più esposti al rischio di finire vittime di abusi e sfruttamento. Questa chiara presa di posizione rispecchia la sensibilità di tutti i gruppi parlamentari e sollecita, fra l’altro, la piena attuazione delle raccomandazioni emanate circa un anno prima dalla Commissione Europea. Molti, infatti, gli stati inadempienti, con la conseguenza, per dirne una, che è capitato di vedere ancora minori trattenuti in strutture detentive semplicemente per il loro status di migranti. Un fatto inconcepibile, e per questo la risoluzione chiede l’attivazione di procedure di infrazione contro gli stati in cui ciò si verifica. Con il documento si chiede inoltre di garantire alloggio dignitoso, assistenza sanitaria e istruzione ai minori migranti fin dal loro arrivo in territorio europeo alle stesse condizioni godute dai minori dei paesi d’accoglienza, di predisporre già nei punti di ingresso personale incaricato della loro protezione, di istituire sistemi di registrazione e identificazione non intrusivi e di creare rotte migratorie sicure e legali per tutelare i bambini e gli adolescenti coinvolti nella migrazione. Si invocano inoltre priorità per i ricollocamenti da Italia e Grecia verso gli altri stati e più risorse da parte dei paesi membri a supporto delle autorità locali impegnate nell’accoglienza. Altri due i provvedimenti da ricordare, anche se passati un po’ in sordina. Uno è la risoluzione che individua criticità e detta raccomandazioni sull’attuazione, ancora insoddisfacente, della direttiva 93 del 2011 per la lotta all’abuso e allo sfruttamento sessuale dei minori, e questo anche perché le strategie di contrasto vanno adeguate alle nuove fattispecie di reato commesse via web. E poi un gruppo di quattro risoluzioni con le quali si è dato il via libera a dieci nuove adesioni di stati terzi alla convenzione de L’Aia sulla sottrazione internazionale di minori, che offre un quadro giuridico comune utile a risolvere anche i casi più intricati e a ridurre i disagi per i bambini coinvolti”.

A luglio ha tagliato il traguardo con il voto della plenaria il nuovo importante regolamento dell’agenzia eu-Lisa, organismo che per conto dell’UE gestisce sotto il profilo tecnologico (non dei contenuti, sui quali non ha competenza) i database dei sistemi informativi su larga scala in materia di libertà, sicurezza e giustizia. La materia riguarda i cittadini più di quanto la sua natura tecnica lasci trasparire. Lei che da relatore per conto del gruppo S&D ha lavorato al dossier, contribuendo anche con alcuni emendamenti, come descriverebbe questa riforma?

“Semplificando molto, si potrebbe dire che viene attualizzato e rafforzato, anche nella parte infrastrutturale, il sistema informatico dal quale dipende, di fatto, il corretto funzionamento dell’area Schengen di libera circolazione. Il nuovo regolamento stabilisce una nuova base giuridica il cui obiettivo è rendere sempre più qualitativo ed efficace l’accesso delle autorità nazionali alle informazioni, assicurando sempre un alto livello di tutela dei diritti e della privacy. Il mandato di eu-Lisa viene ampliato affinché l’agenzia curi il funzionamento e l’avanzamento di tutti i sistemi creati più di recente e di quelli in corso di formazione o di aggiornamento. Tra questi, Schengen Information System, Visa Information System, Entry/Exit System, European Travel Information and Authorisation System, Eurodac e Dublinet. Una disposizione importante, recepita su mia proposta, è quella che impegna eu-Lisa a sviluppare l’interoperabilità tra i singoli sistemi. Vuol dire che le autorità nazionali, ogni volta che consultano un determinato database, potranno facilmente sapere se informazioni pertinenti all’oggetto della ricerca sono contenute anche in altri database per i quali la legge autorizza tale collegamento. Eu-Lisa possiede l’esperienza e le professionalità per realizzare tutto questo. Sebbene l’agenzia non abbia accesso ai dati veicolati dai sistemi, nel regolamento è stato inserito un solido rinvio alla normativa europea sul data protection. Abbiamo anche previsto che eu-Lisa possa fornire ai paesi membri supporto tecnico nell’uso di sistemi decentralizzati o predisporre componenti tecnici, per esempio router, per facilitare la distribuzione dei dati in Europa, e questo potrà aiutare nello scambio delle informazioni acquisite dalle autorità nazionali in applicazione della direttiva Passenger Name Record del 2016”.

Per rimanere al tema sicurezza, come sta andando il lavoro della nuova commissione speciale sul terrorismo, la cui composizione è stata decisa dal Parlamento Europeo nel settembre scorso e della quale lei è stata chiamata a far parte, unica italiana oltre alla collega Gardini? Quali le aspettative?

Uno degli incontri della commissione Terr durante la missione in Italia a giugno

“Nel corso di questa legislatura abbiamo già fatto grandi passi in avanti, a cominciare dall’introduzione di specifiche figure di reato tramite la direttiva antiterrorismo alla quale io stessa ho lavorato come relatore-ombra. C’è però la consapevolezza che la maggiore imprevedibilità assunta dalla minaccia terroristica impone di approfondire alcuni aspetti per individuare criticità e soluzioni. Sotto la lente di ingrandimento ci sono fra l’altro le carenze nella cooperazione e nello scambio di informazioni, e proprio l’interoperabilità delle banche dati di cui si è detto prima è uno degli elementi-chiave. Si tratta inoltre di analizzare meglio le fonti di finanziamento del terrorismo, i suoi legami con la criminalità organizzata e anche il fenomeno della radicalizzazione, per indicare possibili misure di contrasto e prevenzione. La deradicalizzazione fra l’altro è stata al centro di due incontri da me organizzati, il primo dei due con la partecipazione del commissario europeo Julian King, e nei quali si è discusso del progetto europeo Mates guidato da un ente italiano, l’Iprs, e condotto in sei paesi dell’UE. L’Italia è storicamente un modello di riferimento in fatto di metodi antiterrorismo, e anche a questo si deve la missione svolta da una delegazione della commissione Terr nel giugno scorso a Roma e in Sicilia, alla quale ho presenziato essendo stata io stessa a promuoverla e a chiedere che venisse aggiunta alle altre già programmate nei paesi in cui si erano verificati gli attentati”.

Una parentesi. Il nostro paese è un riferimento anche nel campo della lotta alla criminalità organizzata e questo 2018 si è aperto con un avvenimento particolare, il film di Rai 1 tratto dal libro nel quale lei ha raccontato la storia di suo padre. La prima opera cinematografica mai dedicata a Rocco Chinnici, nel cui lavoro mettono radici alcuni concetti cardine dell’antimafia moderna e della lotta al crimine su scala sovranazionale, a cominciare dalla grande intuizione della condivisione di informazioni, essenza del pool antimafia. Primato di ascolti, pubblico entusiasta e all’indomani della messa in onda la pellicola è arrivata al Parlamento Europeo per una proiezione-evento patrocinata dalla presidenza. Che sensazioni le ha dato tutto questo?

Caterina Chinnici e il commissario King durante la presentazione del film su Rocco Chinnici a Bruxelles

“Rivedere la vita di mio padre e della nostra famiglia nelle sequenze di un film mi ha dato emozioni estremamente forti, anche per il modo in cui la regia e le interpretazioni di Sergio Castellitto, di Cristiana Dell’Anna e degli altri attori hanno saputo rappresentare quella storia. Ma soprattutto considero importante che finalmente quella storia sia stata conosciuta dal grande pubblico. La storia di un grande servitore dello Stato, un uomo che ha speso la propria vita portando avanti un impegno eccezionale per la collettività, un marito e padre sempre presente, un lavoratore instancabile, un attivista del cambiamento delle coscienze, un alleato e amico dei giovani. E io, come lui, cerco il più possibile di creare occasioni di dialogo con i giovani nelle scuole per portare loro una testimonianza, per spronarli a costruire bellezza attraverso la cultura, che è strumento di libertà, e scommettendo sui loro talenti. Nel maggio scorso ho avuto questa opportunità anche a Scampia, nell’ambito del premio Bottari Lattes. Una bellissima esperienza”.

Ben più di un anno fa l’ormai ex procuratore nazionale antimafia Roberti ha lanciato un allarme sul legame tra mafia e corruzione, definendo quest’ultima come il principale strumento utilizzato dalla mafia, il collante tra la criminalità mafiosa e quella dei colletti bianchi, e sostenendo la necessità di combatterla con gli stessi strumenti dell’antimafia. È del giugno scorso un’interrogazione del Parlamento Europeo, sulla quale lei ha lavorato come relatore-ombra, il cui testo sollecita la Commissione Europea ad agire con maggiore decisione.  Quali esattamente le lacune riscontrate?

“Sono state varate leggi importanti come la direttiva Pif e il regolamento sulla Procura europea ma non è stato fatto abbastanza per la prevenzione e, in sostanza, si delega l’azione anticorruzione ai sistemi penali dei singoli stati membri. I dati sono allarmanti, perché è accertato che in Europa agiscono circa 3.600 organizzazioni criminali la cui interferenza illecita nuoce gravemente all’economia, e già nel 2013 la risoluzione della commissione Crim ha stimato in circa 670 miliardi i maggiori costi subiti annualmente dalle imprese nell’Unione Europea per effetto del crimine organizzato e della corruzione. Ci vuole una vera strategia europea. Abbiamo chiesto alla Commissione di prendere posizione con fermezza e dire in che modo intende fronteggiare il fenomeno, ma anche di svolgere una seria valutazione sulla conformità delle proprie istituzioni alla convenzione Onu contro la corruzione, ancora non pienamente attuata benché  ratificata quasi dieci anni fa. Nel 2014 la Commissione ha emanato un primo rapporto contenente raccomandazioni rivolte agli stati membri ma da allora non lo ha più fatto, sebbene ne avesse annunciato la pubblicazione con frequenza biennale. Quanto contenuto nel cosiddetto Semestre europeo non può essere sufficiente per dare la giusta rilevanza alla lotta contro la corruzione nell’agenda europea. Servirebbero, fra l’altro, norme uniformi per la protezione di informatori, testimoni e collaboratori di giustizia”.

L’altra faccia dell’anticorruzione è quella di chi indaga per informare l’opinione pubblica, che però tra l’ottobre scorso e il febbraio di quest’anno è stata scossa dall’uccisione dei giornalisti Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak. Il Parlamento Europeo ha “risposto” approvando a maggio una risoluzione a sostegno dei reporter, in occasione della giornata mondiale della libertà di stampa. Atto simbolico o c’è di più?

“Tutte e due le cose. Si è sentita l’esigenza di dire a voce alta da che parte sta l’assemblea eletta dai cittadini europei. La libertà di espressione e la fondatezza dell’informazione sono un presidio di democrazia, valori che abbiamo il dovere di difendere. E infatti il testo suggerisce anche azioni concrete da intraprendere a questo scopo. Per esempio, uno tra gli emendamenti che ho sostenuto in prima persona chiede che i giornalisti d’inchiesta siano tutelati con un adeguato quadro giuridico e che gli stati membri dell’UE, in collaborazione con le organizzazioni dei giornalisti, istituiscano organismi in grado di documentare violenze, minacce o pressioni subite dai reporter e di occuparsi della loro tutela a livello nazionale. La risoluzione ha però un respiro più ampio e guarda anche all’universo dei new media, all’esigenza di arginare il diffondersi delle fake-news, e così si esortano la Commissione Europea e i paesi membri a investire risorse sull’alfabetizzazione mediatica per consentire agli utilizzatori del web di riconoscere più facilmente notizie e contenuti falsi, mentre ai gestori di social media si chiede di sviluppare strumenti che consentano agli utenti di segnalare potenziali fake-news”.

È una stagione in cui sembrano crescere i sentimenti euroscettici e perfino l’Italia, che è tra i paesi fondatori dell’UE, ha adesso un esecutivo a trazione sovranista. Tanti i motivi, la questione è complessa, ma un po’ c’entra anche la limitata percezione delle opportunità e dei benefici che spesso nascono dalle decisioni prese a Bruxelles. In questo senso, guardando all’ultimo anno di attività, quali provvedimenti potrebbero meritare una citazione tra quelli che lei ha sostenuto con il voto?

“Innanzitutto c’è la risoluzione con la quale a dicembre abbiamo disposto la proroga fino al 2020 del Fondo europeo per gli investimenti strategici e il contestuale incremento del budget, con l’obiettivo di generare investimenti fino a 500 miliardi di euro e nuova occupazione in settori-chiave come il digitale, la ricerca, l’energia e la mobilità sostenibile. Proprio l’Italia, con 6,4 miliardi di fondi ricevuti, è ad oggi tra i maggiori beneficiari. Aggiungo poi il rilancio del programma WiFi4EU con il finanziamento di nuovi accessi wireless a Internet gratuiti da creare negli spazi pubblici di oltre seimila comunità in tutto il territorio dell’Unione, cioè in biblioteche, sedi di amministrazioni pubbliche, ospedali e così via. Lo ritengo anche uno strumento di inclusione e perequazione sociale, oltre che un aiuto alla competitività. C’è inoltre il regolamento che ha introdotto misure per combattere le restrizioni agli acquisti online basate sulla nazionalità, sugli strumenti di pagamento utilizzati o su altri criteri discriminatori, una pratica ancora in uso nel 63% dei siti di vendita online e che spesso determina l’impossibilità di concludere una transazione o di scegliere l’offerta più conveniente. Non è da poco visto che l’e-commerce in Europa registra una crescita media annua del 13%. Considero importanti anche le due risoluzioni del febbraio scorso in materia ambientale: quella che ha riformato il sistema di scambio delle quote di emissione di Co2 in vigore dal 2020, fissando come obiettivo un abbassamento del 40% nel decennio seguente e prevedendo sostegno alle produzioni low carbon, e quella che delinea il quadro normativo per l’innovazione energetica e l’uso sostenibile di tutte le fonti di energia. E se parliamo di tutela dell’ambiente e della salute non va trascurato il provvedimento con cui l’assemblea legislativa ha chiesto la messa al bando del temuto glifosato entro il 2022. Voglio infine ricordare lo stanziamento record da 1,2 miliardi di euro deliberato attingendo al fondo di solidarietà per sostenere gli interventi di emergenza e ricostruzione nelle zone del centro Italia colpite dalle scosse sismiche del 2016 e del 2017. Una doppia postilla è d’obbligo. C’è un altro voto che inserisco in questa lista, ma è un voto contrario a un provvedimento approvato dall’aula: quello sulle nuove misure di conservazione e controllo nelle zone di pesca, che potrebbe causare una riduzione di 500 tonnellate della quota pesce spada legittimamente attesa dal nostro paese. E poi, ci sono stati altri voti su dossier rilevanti ma il cui impatto sulla vita quotidiana è magari indiretto o comunque meno visibile”.

Per esempio?

“Il dossier su sistemi carcerari e condizioni detentive, al quale ho lavorato come relatore-ombra, ha avuto la benedizione finale dalla plenaria. Un testo importante, che affronta la questione del sovraffollamento negli istituti di pena, del rispetto dei diritti fondamentali delle persone detenute, delle azioni formative con le quali favorire il reinserimento sociale post-pena. E c’è stato il via libera all’istituzione della cooperazione strutturata permanente sugli aspetti militari della politica di sicurezza e di difesa comune, che include fra l’altro la creazione di unità militari unificate. Un nuovo fronte del processo di integrazione, il cui significato va letto in funzione dei valori di pace, libertà e prosperità sui quali si basa lo stesso progetto europeo. Già quasi tutti gli stati membri hanno prestato adesione, e del resto i sondaggi dicono che il miglioramento della sicurezza è tra le aspettative principali dei cittadini nei confronti dell’UE”.

Inizia l’ultimo periodo della legislatura. Quali gli impegni che la attendono?

“Da subito dovrò occuparmi come relatore per il gruppo S&D di due pareri su nuovi regolamenti che riguardano programmi di giustizia e sostegno finanziario al controllo delle frontiere. Ci sarà da preparare anche la relazione finale della commissione speciale sul terrorismo. Lavorerò agli altri dossier che eventualmente dovessero essermi assegnati strada facendo e, naturalmente, porterò ancora avanti l’impegno sui diritti dei minori e sulle materie che rientrano nella competenza della commissione di cui sono componente effettivo, la Libe”.

Dario Lo Verde
(Responsabile informazione e comunicazione
per l’On. Caterina Chinnici)

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